- Ciao Denis, negli ultimi anni le tue macchine stanno facendo la differenza sul mercato italiano ed estero, specialmente tra gli appassionati di stili classici, vuoi dirci quando hai iniziato ad appassionarti alle macchinette?
Ciao a tutti!
Ho iniziato a fabbricare macchinette nel 2003.
All’epoca il mio lavoro principale era il serramentista in alluminio presso una ditta e tatuavo in casa a tempo perso.
Mio padre che era elettricista elettronico se ne intendeva della parte elettrica della macchinetta.
Un mio amico invece, che tatuavo all’epoca, lavorava per una grossa azienda dove avevano torni, frese e vari macchinari.
La prima serie di macchinette che ho fatto appunto nel 2003 fu una sorta di collaborazione: mi fece tutti i pezzi questo mio amico, i telai me li saldo’ il mio ex titolare con la saldatrice a filo continuo e le bobine le comprai dall’allora COLD STEEL inglese che vendeva principalmente piercing ma che aveva iniziato a distribuire in Europa le macchinette americane di Biknee.
Devo però menzionare anche questo aneddoto: io sono della provincia di Torino, di una zona chiamata Canavese, dove si era sviluppata tantissimo la lavorazione meccanica di piccole ditte indipendenti, da noi chiamate in gergo Boite.
Questo avvenne perchè nella città di Ivrea c’era la famosa azienda Olivetti che dava lavoro al così detto “settore terziario” di queste piccole officine.
Una di queste officine, dove lavorava un mio amico, faceva le macchinette MARSAN, del grande Nando Marini.
Le prime macchinette prodotte in Italia sono state quelle; poi questa ditta smise di farle e io comprai praticamente tutto il loro materiale avanzato. Da li iniziò il tutto, fine 2002 inizio 2003.

- Le tue macchine oggi sono davvero molto riconoscibili nel settore, e questa al giorno d’oggi è una cosa importante, ricordi un momento in particolare che ha determinato una svolta importante nella tua produzione?
Ci sono stati due momenti direi fondamentali per la mia carriera di fabbricante.
Il primo nel 2011, l’anno in cui e’ nato il marchio
NO IRON MACHINES.
Prima facevo macchinette saltuariamente che vendevo per lo più a mano in giro; viaggiavo tanto all’estero in quel periodo, rientravo in Italia e fabbricavo qualche macchinetta.
Me le portavo dietro quando andavo a tatuare in giro e qualcosa si riusciva a vendere così.
Nel 2011 appunto feci fare una produzione di macchinette con i telai fresati tutti col famoso CNC e scelsi materiali diversi dal ferro come alluminio e ottone; fabbricai inoltre anche la mia prima macchinetta rotativa.
In tutto feci tre modelli a bobina e 1 rotativa. Diciamo una sorta di produzione in serie.
Il secondo momento fondamentale fu nel 2015, dove per un problema di salute smisi di viaggiare tanto (ero in Australia quando mi successe).
Rientrai quindi in Italia e mi focalizzai solo sulle macchinette. Smisi di tatuare per alcuni mesi e iniziai a fare macchinette una diversa dall’altra perchè non mi piaceva l’idea della “macchinetta in serie” come quelle che avevo fatto nel 2011; infatti tante di quelle le ripresi poi in mano, smontate e rifatte tutte diverse l’una dall’altra.
Il concetto della macchinetta per me e’ come il tatuaggio, deve essere diverso l’uno dall’altro e questa caratteristica mi ha fatto conoscere più di prima.

- E il nome “No iron machines” da dove viene?
Il nome NO IRON MACHINES nasce nel 2011, quando feci quella serie di macchinette in alluminio e ottone, non utilizzando quindi il classico ferro per i telai.
I fabbricanti di macchinette poi erano soliti usare come nome “qualcosa” seguito da IRONS, ad esempio WORKHORSEIRONS, INFINITE IRONS, TOLEDO IRONS, ecc… e allora mi dissi: sai che? Io metto NO IRON e vaffanculo.

- Parlando di bobine, hai preferenze sul modello di telaio che usi? Ce n’è uno in particolare che preferisci?
Io cerco appunto di fare le macchinette una diversa dall’altra, bobine lunghe,corte, mono bobina, di tutto; telai classici o telai inventati come forma.
Alla fine direi che preferisco il telaio classico, quindi il Percy Waters piuttosto che il Walker o Owen Jensen e altri del genere.

- Parlaci della tua collezione di macchinette rare, quando l’hai iniziata e qual’e il tuo pezzo preferito?
Ho una piccola collezione che è sempre in progress; se vedo una macchinetta che mi piace e ho la possibilità la compro.
La mia macchinetta favorita è la Paul Rogers di Micky Sharpz del 96, telaio stretto, quella è la “the Piecemaker”, la miglior macchinetta a bobina mai prodotta.
Un fabbricante di macchinette deve essere anche un collezionista; è come il vero Dj, se non colleziona vinili non vale un cazzo.

- Nel mondo del tatuaggio sono pochi ora che come te assemblano ancora le macchinette di persona, cosa c’è dietro a questa scelta?
Bisogna fare una distinzione chiara tra chi produce macchinette e chi fa produrre le macchinette, tanti non capiscono questa cosa.
Fare le macchinette vuol dire che le devi saper fare tu stesso e/o che devi essere in grado di poter costruire una macchinetta partendo da pezzi di ferro qualunque; devi quindi saper usare una saldatrice, un tornio, un trapano, ecc. ecc., devi sapere avvolgere le bobine a mano. In alternativa puoi fare produrre tutti i pezzi da qualcuno (come anche io faccio per tante altre cose) e poi assemblarle tu stesso.
Ovviamente se ne fai tante è chiaro che qualcuno ti dovrà aiutare ad assemblarle, ad esempio i grossi supply fanno così.
Va benissimo, sia chiaro. E’ un modo diverso di fare la stessa cosa.
I fattori dietro a questa scelta sono due: o sai fare la macchinetta o non la sai fare e poi, come dicevo, in base a quante ne devi/vuoi produrre. Purtroppo oggi, come quasi sempre avviene, c’è sempre più gente che non sa fare le macchinette e/o ne vuole vendere il più possibile. E’ così in tutti i settori, direi.
- Un tempo si diceva che un tatuatore che non fosse in grado di settare e mantenere da solo la propria attrezzatura non fosse un artista completo, pensi sia ancora così?
Se fosse ancora cosi’ tatueremmo in tre persone! Ah Ah Ah Ah!
Io metto sullo stesso piano il saper cambiare le molle della macchinetta a bobina al saper cambiare la ruota bucata della macchina; puoi anche non saperlo fare ma devi esserne consapevole. A scuola nessuno ti insegna a cambiare la ruota della macchina, a meno che non fai la scuola da meccanico, eppure tanta gente la cambia da solo. Beh, il cambiare la molla della macchinetta deve essere la stessa cosa.
Siamo in un momento storico dove un tatuatore è in grado di fare un ritratto iperrealistico con 50 colori ma se la macchinetta rompe una molla che costa 50 centesimi non è più in grado di tatuare. Bello…

- Parlaci del processo creativo che c’è dietro alla realizzazione di una macchinetta, da cosa nasce lo stimolo che ti porta a sperimentare qualcosa di nuovo?
Lo stimolo più grosso è sempre la passione direi e poi il voler sempre provare a fare cose nuove.
Tornando al discorso di prima, il collezionismo, quello serve molto anche per vedere e capire come altre persone molto più brave di te a fare quello che anche tu vuoi fare.
Per quanto riguarda la macchinetta a bobina ormai direi che è facile perchè sai già come farla, non si possono variare troppe cose.
Se invece sviluppi le rotative, li è più complicato: devi procedere per passi con alcuni prototipi prima di arrivare alla versione definitiva; io ormai parto a fare il progetto sul CAD 2D.

- Cosa c’è dietro alla tua figura di costruttore artigianale? Ti va di parlarci un po’ del Denis “privato”?
Il costruttore artigianale e’ uno che nel suo piccolo cerca di dare il massimo; non ha la potenza di un grosso supply, quindi deve lottare più duramente.
Per me, essendo anche tatuatore, il poter stare in garage da solo a fabbricare quello che voglio mi rilassa, anche se è più faticoso il garage rispetto a quello in studio.
Alla fine, il Denis privato è uno che ha ancora tanta passione.

- Progetti per il futuro?
Nel futuro ormai ci sono quasi: lancio finalmente online un website per la vendita diretta delle macchinette e poi si vedrà come andrà a finire sto mondo del tatuaggio che oramai vive di like su Instagram. Ne vedremo delle belle…
